Una stretta di mano
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Il 20 aprile Papa Francesco, per la seconda volta in Puglia, visiterà Alessano e Molfetta,
ricorrendo 25 anni dalla morte di Mons. Antonio Bello
Pier Giorgio Taneburgo ofm.cap.
Don Tonino Bello ovvero uno di quei casi che nella storia della Chiesa antica, moderna e contemporanea, testimonia delle difficoltà vissute e affrontate con l’istituzione. Proprio quando l’aspetto carismatico si fa preponderante e vien fuori tutta la carica d’energia del Vangelo. Una Notizia «generata e non creata», davvero lieta e sconvolgente, adatta per tutte le epoche e le nazioni, vicine e lontane. Se si insistesse a parlare di nuova evangelizzazione, dovremmo cominciare anzitutto a riformare e rendere più credibili la vita e le opere dei nuovi evangelizzatori.
Penso ai casi di Galileo Galilei o, per venire ai nostri giorni, quelli assai conosciuti di Don Primo Mazzolari, Don Lorenzo Milani e così fino a Papa Francesco, enormemente inviso ad un’ampia schiera di cattolici tradizionalisti e conservatori. Non riconoscono che Papa Francesco è in comunione perfetta col suo predecessore, che invece gli vorrebbero mettere contro. Dimenticano quel che Francesco ha detto di Benedetto XVI: «La sua opera e il suo magistero continuano a essere un’eredità viva e preziosa per la Chiesa e per il nostro servizio». Due vescovi di Roma che hanno annunciato lo stesso Gesù, la stessa necessità di ripartire possibilmente dal dettato del concilio Vaticano II. Abbiamo due pontefici insieme, anziché uno solo, e per giunta in accordo fra loro.
Con Francesco d’Assisi, fedelissimo servitore del Papa, proprio come col Vescovo Don Tonino Bello, non puoi fingere. Devi agire per forza sul serio oppure senti che ogni emozione ed ogni tuo gesto scivola via, senza lasciare nessuna traccia. Neppure i figli ti seguono più. Almeno la chiocciola lascia una scia dietro di sé.
Un tempo Don Tonino è stato nell’occhio del ciclone, gli hanno fatto la guerra in molti, convinti. Oggi viene citato da politici emeriti ed alti presuli. Probabilmente si rendono conto che egli è stato un precursore, un profeta, e non solo della pace difficile per cui si è battuto così strenuamente, anche nel servizio di Presidente di Pax Christi in Italia.
Con san Francesco e Don Tonino non si rischia certamente di poter ammuffire. Comprendi che vivere l’insegnamento del Vangelo, da cristiano battezzato, è cosa da adulti. Non riesci più a barare, se leggi le straordinarie espressioni con cui Don Tonino sapeva metterti con le spalle al muro. Oltre alle parole, però, ci furono molti fatti di Vangelo. E, di conseguenza, critiche piovute da ogni dove, dentro e fuori la diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi. Sofferenze spirituali e fisiche. Chissà se anche il suo terribile tumore allo stomaco non sia stato effetto della somatizzazione di dispiaceri tanto profondi.
Alle Amiche e agli Amici della missione Don Tonino viene oggi a ripetere: coraggio, la Pasqua ti riguarda, anche tu devi risorgere. Soltanto è necessario riscoprire che la Chiesa ti è madre e che la bella notizia del Vangelo di Gesù riguarda proprio te, la tua famiglia, il tuo lavoro, la tua città, la tua parrocchia. Svegliati, se ti sembra di esserti addormentato. Alzati, se ti sembra di sentirti un cadavere.
L’unico motivo per cui la gente ammira tanto l’esempio di Don Tonino è che rappresenta insieme una miscela attraente di parole, sogni e fatti concreti. E volendo passare dall’ammirazione all’imitazione? Coinvolgiamoci anche noi, sporcandoci le mani e mettendoci ogni attimo in gioco, come se fossimo del tutto insoddisfatti di una condizione felice e beata.
Per la gente comune Don Tonino è stato veramente da subito santo: ennesima riprova dell’esistenza di un “senso di fede” nel popolo di Dio. Non cambierà molto quando verrà proclamato ufficialmente beato. Per l’emigrazione che ieri e oggi ci fa stare tanto in ansia, Don Tonino si è esposto e umiliato in prima persona. Ha precettato i gestori di edifici liberi e conventi della sua diocesi, quando nel 1991 e ‘92 sulle coste pugliesi sono arrivati migliaia di albanesi in cerca di una condizione di vita più sicura.
Il prossimo 20 aprile qualche Vescovo albanese dovrebbe pur accogliere il Santo Padre che giungerà ad Alessano, alla tomba di Don Tonino, per rendere onore alla sua terra e al suo operato. E se vi trovasse alcuni uomini del Governo di Tirana, non dovrebbe meravigliarsi nessuno. A proposito di riconoscenza, vale sempre la domanda di Gesù: «Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?» (Lc 17,18).
Non si può rimanere Benefattori solo per tradizione o per mero amore a san Francesco o devozione familiare verso qualche frate. Anche lo stile di vita sobrio, che nella missione si mette in campo e si coltiva, richiede qualcosa di molto più coinvolgente e rivoluzionario. Nella società parlano i tuoi atteggiamenti, lo stile che assumi, l’aria che scegli di respirare. L’atteggiamento diffusamente razzista e convinto di molti è non meno preoccupante dello sfruttamento economico, su cui le potenze occidentali hanno costruito i loro imperi. In altri termini, non si può guardare alla quantità delle tradizioni cristiane che continuano a sopravvivere e starsene contenti. Molto più determinante è la qualità della propria esistenza, basata sui valori del Vangelo e delle leggi fondamentali dello Stato come la nostra Costituzione.
Chiunque ha incontrato Don Tonino si è reso subito conto della sua statura morale. Vicino a lui siamo dei nani. Vicino a lui senti di avere a che fare con una persona speciale, priva di orpelli. Per questo non gli sono mancate le avversità e ha dovuto farsi forza anche nei venti contrari alla sua spettacolare maratona francescana.
Grazie, Don Tonino, vescovo santo e salentino, per aver gridato una parola così profetica e scomoda per tutti quelli che hai incontrato. Per gli ultimi hai speso molte energie, mentre raccoglievi dall’altra parte opposizioni feroci: «Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi» (Lc 6,26). L’arcivescovo di Bari-Bitonto, Mons. Mariano Magrassi, Presidente della Conferenza dei Vescovi di Puglia, al funerale di Don Tonino, celebrato su una banchina del porto di Molfetta, si esprimeva così: «È stato un tramonto luminoso, quasi più fascinoso di un’alba».
Ai due fratelli di Don Tonino, Trifone e Marcello, il Papa stringerà la mano con amicizia e ammirazione. Quella stretta non gratifica, anzi è scomoda per chi la riceve. Chiunque ci avvicini nel nome di Don Tonino, perché sa già che ne abbiamo ricevuto un esempio straordinario, oltre che ne conosciamo vita, morte e miracoli, ci ricorda che dovremmo dire e fare qualcosa anche noi. Formarci e lavorare in quella identica direzione.
Seminare la pace e sapere che qualcun altro dopo di noi raccoglierà frutti rari o acerbi. La ricerca della pace non porta subito frutto, non ama le vetrine e neppure i rapporti virtuali. Non si è mai salvato nessuno coi “mi piace” e migliaia di condivisioni sui social. Qualcosa invece si è mosso e risolto con un’ora di tempo offerto al cuore di un disagio, un sorriso ed una carezza nella malattia, un tetto nella povertà più nera.
Don Tonino amatissimo, nostro Vescovo e fratello terziario, fra strette di mano e abbracci a bizzeffe, che verranno scambiati nel venticinquesimo della tua morte, vieni a stringere le mie mani. Un piccolo dettaglio potrebbe già attirare la tua attenzione, interessarti alla mia storia, per commuoverti e dare a me la tua mano e la tua benedizione. Un aiuto e una luce nel restante tempo della missione. Fammi capire che da povero posso aiutare altri, assai più poveri di me, e lì trovare gioia e pace. Amen, alleluia!